Non sempre quando il lavoratore in malattia svolge altre attività può essere accusato di fraudolenza. La giurisprudenza ha fissato paletti in merito a questo.

Il problema dell’assenteismo mascherata dalla malattia del dipendente rappresenta una problematica molto sentita e fastidiosa per i datori di lavoro i quali si ritrovano impotenti al cospetto di un lavoratore che presenta un certificato medico ma che almeno all’apparenza non presenta patologie evidenti (attende ad attività di vita ordinaria o addirittura, svolge un’altra attività lavorativa).

In caso di malattia del dipendente, il certificato medico che riceve il datore di lavoro non descrive la diagnosi ma solo la data di inizio e fine malattia.

Ne consegue che da questo documento il datore non può rendersi conto se il certificato sia o non sia attendibile. Se nel certificato vi fosse la diagnosi, ad esempio una banale influenza, e la prognosi fosse di trenta giorni, si potrebbe sospettare che il certificato fosse in veritiero, ma in mancanza dei dati sulla malattia ciò non è possibile.

L’unico mezzo a disposizione del datore di lavoro è la visita medica di controllo domiciliare, ovvero un accertamento presso il domicilio del dipendente da parte dei medici fiscali INPS in determinate fasce orarie giornaliere, conosciute come fasce di reperibilità.

Non è ammessa alcun’altra forma di controllo medico. Né assume valore la circostanza che il soggetto sia stato avvistato in giro fuori dagli orari delle fasce di reperibilità; infatti i medici dell’inps sono gli unici possibili certificatori della presenza o dell’assenza del destinatario del controllo (v. D.L. 663/83 convertito in L. 638/83).

Va da sé che, salvo che il dipendente non si sia reso irreperibile senza giustificazione, è molto raro che il medico inviato dall’INPS per lo più sprovvisto di adeguati mezzi – contraddica il medico curante e chiuda d’ufficio la malattia o, addirittura, ne certifichi la falsità.

Pertanto, è difficile che la strada della vista fiscale sia quella giusta per indovinare la falsa malattia.

La falsa malattia (e conseguentemente la possibilità di procedere con licenziamento) è invece rilevabile dallo svolgimento di una determinata attività da parte del dipendente che appare incompatibile con la malattia stessa.

All’uopo, va specificato che il dipendente ammalato non ha l’obbligo di non uscire di casa e ben può attendere a tutte le attività ordinarie quale in ipotesi fare la spesa; oppure un’attività ludica o di intrattenimento, anche espressione dei diritti della persona o persino svolgere un’altra attività lavorativa (Cass. n. 15621 del 2001; più di recente, v. Cass. n. 6047 del 2018). http://www.lavorosi.it/fileadmin/user_upload/GIURISPRUDENZA_2018/Cass.-sent.-n.-6047-2018.pdf.

La malattia rileva, ai fini di sospensione della prestazione lavorativa, qualora l’infermità incida sulle mansioni normalmente svolte dal dipendente, una concreta ed attuale – sebbene transitoria – incapacità al lavoro del medesimo (cfr., tra tutte, n. 14065 del 1999), per cui può accadere benissimo che la malattia comprometta la possibilità di svolgere quella determinata attività oggetto del rapporto di lavoro, ma che le residue capacità psico-fisiche possano consentire al lavoratore altre e diverse attività (Cass. Civ. Sez. Lav. 26.4.2022 n. 13063 ;https://www.ambientediritto.it/giurisprudenza/corte-di-cassazione-sez-lavoro-civile-26-aprile-2022-sentenza-n-13063/

Cass., 19 ottobre 2018, n. 26496; Cass., 5 agosto 2015, n. 16465; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27656).

Tuttavia, possono ricavarsi indizi sulla simulazione qualora l’attività svolta dal lavoratore ammalato sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia e la sua conseguente simulazione. Ad esempio, la circostanza che un lavoratore addetto alla movimentazione manuale di merci che mentre è assente per malattia frequenta una palestra nella quale si dedica a sollevare pesi fa presumere che la malattia sia falsa. Più difficilmente, la simulazione sarebbe invece ipotizzabile qualora il medesimo dipendente sia avvistato mentre aspetta un autobus.

I sospetti della simulazione possono essere raccolti mediante testimonianze e anche facendo ricorso a indagini di agenzie investigative, mezzi ritenuti leciti (v. Corte di Cassazione, Ordinanza n. 25287 del 24 agosto 2022), trattandosi di controlli non riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 4 St. lav. né all’ambito di applicazione dell’art. 3 St. Lav., https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1970/05/27/070U0300/sg non avendo ad oggetto il corretto adempimento della prestazione lavorativa dedotta nel contratto, bensì comportamenti illeciti tali da minare la fiducia del datore.

Un’altra ipotesi in cui è possibile licenziare il dipendente in malattia è quando, pur non trattandosi di una reale esistenza di un evento patologico, questi compia attività che impediscano o ne ritardino la guarigione.

E’ sempre abbastanza difficile dare una valutazione ex ante, soprattutto in considerazione del fatto che generalmente non si conosce la tipologia della patologia.

Certo é che, indipendentemente dalla conoscenza della classificazione del morbo, una persona che abbia presentato il certificato e contestualmente esegue attività sportiva, oppure lo si vede intento ad altre attività per le quali occorre uno sforzo fisico evidente, fornisce indizi precisi sulla circostanza del pericolo (che è sufficiente sia solo potenziale e non necessariamente concreto) di compromettere o ritardare la guarigione.

Nei casi in cui vi siano sospetti che la malattia sia fasulla oppure il lavoratore ne ritardi la guarigione, il datore di lavoro può procedere all’apertura di un procedimento disciplinare che potrebbe condurre al licenziamento.

Gli indizi a carico del dipendente debbono essere precisi, pertanto in questi casi è particolarmente importante l’impostazione della lettera di contestazione, nella quale sarà opportuno circostanziare i fatti su cui si appoggiano i sospetti (sarà interesse del datore licenziare, ma non offrire il fianco a un’impugnazione che potrà rivelarsi legittima); e dall’impostazione delle difese si potranno trarre elementi per comprendere se la decisione punitiva potrà basarsi su solide fondamenta.

In caso di licenziamento e di impugnazione giudiziale, il Tribunale, generalmente, nomina un Consulente tecnico d’Ufficio cui demanda il compito, comparando i certificati medici prodotti dal lavoratore e l’attività che si presume essere incompatibile con la malattia per stabilire se siano ravvisabili ipotesi di simulazione o di condotte volte a ritardare la guarigione.

Come si può ravvisare, sono operazioni che presentano sempre un certo grado di rischio nei quali meandri possono trovare un salvacondotto gli esperti assenteisti.

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