Il D. Lgs. n. 104/ 2022 relativo a informazioni e condizioni di lavoro, è in vigore dal 13 agosto 2022, il D. Lgs. 27 giugno 2022, n. 104, relativo a condizioni di lavoro trasparenti, attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019.

Tale decreto sostituisce il D.lgs. 152 del 1997, ed è strutturato in quattro capi: il primo attiene l’ambito di applicazione; il secondo contiene obblighi informativi sul rapporto di lavoro; il terzo riguarda le condizioni di lavoro e il quarto le misure di tutela del lavoro.

Per quanto riguarda il primo capo, le prescrizioni del presente decreto si applicano a tutti i lavoratori subordinati, compresi quelli a part time, a tempo determinato, agli apprendisti, ai lavoratori somministrati, a quelli con contratto intermittente. Si applicano inoltre anche ad alcune categorie di lavoratori autonomi (e questa in tema di informazioni è una vera novità): i collaboratori coordinati e continuativi e quelli occasionali.

Restano esclusi dall’applicazione del decreto soltanto i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa familiare, i rapporti di lavoro autonomo (sostanzialmente quelli con partita IVA), i rapporti di lavoro di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in quattro settimane consecutive, i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale (altra tipologia di lavoro autonomo), i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, i rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico (magistrati, forze di polizia etc.), quest’ultimi limitatamente alcune disposizioni del decreto.  Come si può osservare, sono compresi la stragrande maggioranza dei lavoratori.

Capo II: Obblighi informativi del datore di lavoro

Gli obblighi comunicativi su cui ci soffermeremo dovranno essere resi in forma scritta, cartacea o elettronica, consegnati contestualmente all’assunzione e conservati dal datore di lavoro per almeno cinque anni.

Per quanto riguarda i contenuti delle informazioni, buona parte di essi erano già racchiusi nel precedente D.lgs. 152/97; un’importante novità è invece che debbono essere indicati, laddove esistono, anche i co datori ai sensi degli articoli 30 e 31 del d.lgs. 276/2003, ovvero le imprese in cui il lavoratore è distaccato, i gruppi di impresa, i consorzi di società cooperative, le imprese legate da un contratto di rete.

Quest’ultimo adempimento potrebbe rivelarsi di non semplice attuazione: non sempre è facile definire quando si è presenza di un gruppo di impresa (soluzione spesso demandata alle aule di Tribunale). Inoltre, i consorzi e i contratti di rete sono realtà aggregative temporanee che possono mutare nel corso del tempo, quindi non si comprende l’utilità di indicare un co datore che potrebbe non esserci più dopo qualche mese; peraltro, l’articolo 31 del d.lgs. cui fa riferimento l’articolo 4 del decreto in commento, specifica che le disposizioni non rilevano ai fini dell’individuazione del soggetto titolare delle obbligazioni contrattuali e legislative in capo alle singole società datrici di lavoro, pertanto sfugge la ratio e l’utilità dell’indicazione di un co datore se poi questi è immune da responsabilità.

Altra novità rispetto al precedente decreto, ma non rispetto al D.lgs. 81/15, è l’obbligo di comunicazione dell’impresa utilizzatrice per la manodopera somministrata e il diritto di ricevere la formazione, laddove prevista.

Rispetto al Decreto legislativo 152/97 è scomparsa la possibilità di fare rinvio alle norme del contratto collettivo sia nazionale che aziendale che oltretutto deve essere ora specificatamente indicato riportando le parti che lo hanno sottoscritto e gli enti assicurativi e previdenziali cui sarà iscritto il lavoratore.

Tuttavia la Circolare INL n. 4 del 10.8.2022 specifica che con la consegna del contratto individuale di lavoro o di copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve essere già informato sui principali contenuti degli istituti di cui all’art. 1 (ad es. orario di lavoro giornaliero per n. giorni alla settimana; importo retribuzione mensile per numero delle mensilità ecc.), mentre per tutto il resto è rimandabile ai contenuti dei contratti collettivi.

Vi sono poi nuovi adempimenti che possono creare ulteriori difficoltà: sono l’indicazione della programmazione dell’orario di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione; e le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno. Nulla questio sull’indicazione dell’orario e le condizioni retributive dello straordinario (sono quelle previste dai vari contratti collettivi); più difficile appare dichiarare ex ante le condizioni per i cambiamenti dei turni. Certamente si potranno indicare la previsione del ciclo dei turni (es. una settimana mattina, una pomeriggio, una notte) più difficile pretendere di prevedere le condizioni che potrebbero portare al mutamento del turno del lavoratore.

Ancora più complicato appare l’applicazione del punto p) dove bisogna indicare nel rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili e che non prevede un orario di lavoro programmato, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite; le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative.

A parte che i casi nei quali sussiste un minimo di ore retribuite garantite sono rari, se le modalità organizzative sono imprevedibili ci si chiede come sarà possibile stabilire i giorni in cui il prestatore sarà tenuto a svolgere le proprie attività.

Un importante capitolo è dedicato ai nuovi lavori organizzati mediante l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (per lo più piattaforme digitali). Qui l’aspetto più rilevante è che il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, oltre le ordinarie informazioni, anche quelle concernenti gli aspetti sui quali incide l’utilizzo dei sistemi e le loro finalità; i dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;   le misure di controllo adottate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità; gli impatti potenzialmente discriminatori.

Ancora Capo II: le comunicazioni per i lavoratori distaccati all’estero.

Il datore di lavoro che distacca un lavoratore all’estero (sia in uno Stato membro sia in uno Stato terzo) deve fornire allo stesso, per iscritto e prima della partenza, altre informazioni che si aggiungono a quelle date al momento dell’assunzione.

Le ulteriori informazioni attengono all’indicazione del paese o dei paesi in cui deve essere svolto il lavoro all’estero e la durata prevista; la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione; le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti; ove sia previsto il rimpatrio, le condizioni che lo disciplinano; le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio; l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.

Come si può vedere, sono informazioni che già ora sono generalmente fornite a chi va all’estero, che qui sono sanciti dall’obbligatorietà.

Al trasfertista in missione all’estero per un periodo superiore a quattro settimane consecutive, inoltre, dovrà essere comunicato per iscritto, prima della partenza, qualsiasi eventuale modifica degli elementi del rapporto di lavoro di cui all’articolo 1 (luogo, inquadramento, impresa distaccataria ecc.).

L’art. 3 del D. lgs. 27.6.22 n. 104  prevede inoltre la comunicano per iscritto al lavoratore, entro il primo giorno di decorrenza degli effetti della modifica, qualsiasi variazione degli elementi di cui abbiamo finora parlato, che non derivi direttamente dalla modifica di disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle clausole del contratto collettivo.

Capo III: Le condizioni di lavoro

L’art. 7 regola il periodo di prova. Nella sostanza non sono rilevabili mutazioni sostanziali: il periodo massimo di durata consentito è di sei mesi (già indirettamente ricavabile dall’art. 10, L. 604/66), salvo periodo minore previsto da ccnl. Nel rapporto a tempo determinato il periodo va riproporzionato alla durata e alla mansione (regola già applicata dalla giurisprudenza); in caso di malattia, infortunio, congedo per maternità o paternità, il periodo resta sospeso e riprende a decorrere al rientro (anche in tal caso era norma di fatto già in uso).

L’art. 8 introduce la possibilità, per il datore di lavoro e limitatamente ad alcuni casi (pericolo di sicurezza, conflitto di interessi, necessità di garantire il servizio pubblico) di impedire di svolgere un secondo lavoro. Fino a oggi, lo strumento per impedire situazioni analoghe a queste era quella del licenziamento del prestatore d’opera: nel settore privato, chi aveva buoni motivi per ritenere che un secondo lavoro del proprio dipendente compromettesse la propria attività (vuoi per un conflitto di interessi; vuoi per la sicurezza, vuoi per altro valido motivo) poteva licenziare il dipendente.

Ora si parla di qualcosa di diverso: del diritto a limitare o a negare la possibilità di svolgere un altro lavoro.

Ci si chiede come ciò possa avvenire nella pratica. Viene in mente che lo strumento del ricorso d’urgenza, ma contro chi? Il lavoratore affinché non prenda occupazione? Oppure contro l’altro datore di lavoro affinché gli impedisca di lavorare? Non sarà una norma di facile applicazione. Non è da escludere che nella pratica, la strada più semplice per il datore che vorrà evitare pericoli come quelli individuati nell’art. 8 resterà quella del licenziamento.

Mentre l’art. 9 torna su obblighi di informazione, segnatamente nei casi di organizzazione del imprevedibile, l’art. 10 consente al lavoratore con anzianità di servizio maggiore di sei mesi, di vedersi riconosciuta una forma di lavoro (se esistente) con condizioni più sicure e stabili. Tale domanda va fatta per iscritto, cui deve essere data risposta scritta entro un mese. A parere di chi scrive è una norma scivolosissima anche perché i concetti di sicurezza e stabilità, in un contesto di legalità, sono nozioni soggettive. I posti di lavoro non sicuri sono in contrasto con la legge; mentre tra mansioni per le quali sono stati adottati i criteri di sicurezza di legge, appare difficile stabilire quale sia più sicura dell’ altra, anche perché il raffronto andrà fatto per posizioni omogenee.

Per quanto riguarda la scelta di stabilità, ci si chiede se tale disposizione possa essere interpretata come un diritto di opzione. Ad esempio: un lavoratore a termine con anzianità di servizio di almeno sei mesi potrà reclamare nel nome del diritto alla stabilità, l’assunzione a tempo indeterminato, invocando l’art. 10, nel caso il proprio datore assumesse un dipendente nella stessa mansione?

Inoltre, ritengo che tale norma potrà dare adito a un contenzioso continuo e oltretutto mal si concilia con il diritto dell’imprenditore all’iniziativa privata e all’organizzazione dell’azienda, salvaguardato dall’art. 41 Cost.

L’art. 11 si occupa di formazione, precisando che essa rientra nell’orario di lavoro (la maggior parte delle imprese serie già applica questi precetti). Tale obbligo non sussiste nei casi in cui la formazione serva per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla secondo la legge o la contrattazione collettiva.

Il capo IV riguarda le misure di tutela del lavoratore che già sono vigenti e trovano le loro fonti e tutela anche in altre leggi. L’unica novità sembra essere quella dell’art. 13 secondo il quale l’ adozione di comportamenti di carattere ritorsivo o che, comunque, determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti che abbiano presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario può essere oggetto di denuncia all’Ispettorato e di sanzione amministrativa, qualora non rappresenti una condotta penalmente rilevante.

Resta inteso che ciò la sanzione amministrativa (o penale) non pregiudica il diritto al risarcimento da parte del lavoratore.

Come accennato, il decreto legislativo 104/2022 rappresenta l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a una norma europea. Non può pertanto stupire se alcuni precetti si sovrappongono a altri già esistenti nel nostro ordinamento; mentre altre esplorano territori nuovi e altre norme ancora per come è strutturato da noi il lavoro rimarranno probabilmente inattuate. Gli obblighi informativi del capo I rappresentano, in parte, nuovi oneri per i datori di lavoro, dall’altro rappresentano trasparenza e garanzia per i prestatori di lavoro e le informazioni potranno comunque tornare utili ai datori contro eventuali reclami.

LEGGI ALTRI ARTICOLI

Il D. Lgs. n. 104/ 2022 relativo a informazioni e condizioni di lavoro
Tag: